I nuovi divi Una fascinazione contemporanea

Mi è stato proposto un  biglietto gratuito per il Sigep (SIGEP, Salone Internazionale Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianali e Caffè) e prontamente ho accettato spinta da curiosità così sabato 19 gennaio, munita di scarpe comode e un antiacido in borsa,  io e alcune amiche siam partite alla volta di Rimini.

Dopo aver parcheggiato e superato i controllo di sicurezza in stile aeroportuale con tanto di metal detector, siamo entrate nel tempio del cibo. Per ben cominciare siamo andate allo stand Pascucci per rifocillarci con un caffè con gelato che già ben predispone l’animo. Poi una sosta per la brioche allo stand di Asolo e via che si comincia, la mia amica cuoca e responsabile della cucina di un ristorante a cercare prodotti e macchinari, l’amica barista a testare caffè e le ultime sguinzagliate free. Io avevo in programma alcuni show cooking e dimostrazioni dei miei beniamini. Troppo tardi per quello di Iginio Massari, ho iniziato con la presentazione di un libro di Montersino (bel libro di qualità per la modica cifra di quasi 60 euri) ed ho anche avuto il piacere di assaggiare la sua colomba al lievito madre, ottima, soffice e leggera, ma nello stesso tempo umida e non troppo dolce.

Ho poi proseguito per andare a vedere live un altro dei miei beniamini, Alessandro Borghese che si presentava con il suo programma tv del momento  “Alessandro Borghese kitchen sound”, forse ispirato dal “food sound system” di Donpasta, devo dire che l’idea dell’esperienza multisensoriale mi piace molto. Mancavano ancora 10 minuti all’inizio, ma già parecchia gente che si era fermata.  Man mano che passava il tempo il pubblico aumentava, come aumentava il caldo e la sensazione di soffocamento. Finalmente appare nello schermo il logo dello show e  parte la musica ad alto volume,  la gente in fibrillazione poi una voce lo annuncia come si annuncia un divo e lui esce fuori, schiamazzi e acclamazioni, foreste di cellulari in alto per fotografare dove non arriva l’occhio, purtroppo non vedo e sento male, inoltre mi stanno schiacciando quindi decido di abbandonare. Mi fermo ad un altro stand a vedere Knam che molto tranquillamente e teutonicamente  sta facendo una dimostrazione. Abbastanza gente ma non troppa.

Dopo un po’ proseguo per andare a cercare lo stand per l’esibizione di Damiano Carrara. Arrivo 20 min prima ma già è pieno così mi fermo. A questo punto ho già capito che non potrò seguire nulla ma la curiosità di osservare, partecipare e infine testimoniare questo fenomeno di divismo mi induce a rimanere. L’attesa si fa lunga e lui si fa attendere anche oltre l’orario. A questo punto sono strizzata tra altri corpi, l’aria manca, ma tuttavia altre persone si aggiungono, alcune senza sapere cosa succede. A chi chiede rispondono ragazze con gli occhi a forma di cuore “C’è Damiano Carrara”. Dopo tanta attesa e altra presentazione eccolo entrare, muri di braccia reggenti cellulari fanno da schermo totale, non so se lui vede qualche faccia o solo telefoni.  Accento toscano marcato, bel ragazzotto, dal vivo appare ancor più giovane.  Inizia rispondendo ad alcune domande e poi comincia a fare delle cose “belline belline”.

Bene. Ora vado. Più facile a dirsi che a farsi, non ci si può muovere, sembriamo tutti filetti di alici accuratamente inscatolati . Una donna cerca di proteggere la figlia, che essendo piccola rischia di essere  soffocata e schiacciata (e io mi chiedo se era proprio una buona idea tenerla li), insomma dopo non poca fatica riesco ad evadere.

Dopo questo  sono stata a zonzo assaggiando e guardando, seguendo chef sconosciuti (a me ed evidentemente anche allo scarso pubblico) che dicono cose interessanti e cucinano per noi mangiatori a sbafo.

E’ il mondo ideale: vuoi pizza? trovi uno stand e mangi. Vuoi pasta? Trovi uno chef che sta preparando e mangi, serve un dolcetto? Che ci vuole, vai allo stand e mangi. Vogliamo farci mancare caffè e gelato? Anche no. E mangi. GRATIS. (lasciamo stare che i biglietti a pagamento costano 55 €…)

L’impressione che ne ho ricavato è che ci sia un gran fermento nel settore, che essendo diventato appetibile ai media é sottoposto alle stesse regole di mercato e divismo di sport, musica e cinema e purtroppo è seguito troppo spesso per questa ragione e non per amore per la cucina.

Gran parte del pubblico  presente forse non sa farsi un uovo fritto ma subisce la moda, perchè di questo si tratta. Per altri è un’aspirazione lavorativa che prevede solo in parte orari impossibili, stress in cucina, caldo soffocante, l’idea è piuttosto quella di diventare divi in tv e nel web magari partecipando a qualche contest.

Per quanto riguarda il trend sembra prevalere il gusto della pasticceria moderna con glasse a specchio coloratissime, forme strane a volte degne di un architetto, stratificazioni di elementi, gusti e consistenze, accostamenti azzardati che son da calibrare molto attentamente. Il risultato deve stupire ed essere piacevole all’occhio molto prima che al palato. Il significato di “appetizing” è un po’ cambiato oppure sacrificabile.

Il concetto di cibo ha subito grossi mutamenti e ha perso il legame con il nutrimento.

Gettonatissimi gli stand di vendita al pubblico di stampi e materiali per la pasticceria. Ovviamente non mi son fatta mancare l’acquisto di stampi da biscotto a forma di fata, farfalla e gatto, fogli di acetato, bocchette e sac-a-poche, un tappetino per macaron, che non mi piacciono nemmeno tanto ma devo provare a farli!

Alle 18, chiusura fiera, siamo rientrate. Le scarpe basse son state essenziali, l’antiacido non mi è servito per fortuna.

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