Yule/Farlas e il ritorno della luce

Il solstizio d’inverno segna l‘inizio dell’inverno. E’ consuetudine di tanti popoli e tante religioni festeggiarlo, anche quella cristiana lo celebra come una delle festività principali, infatti  il Natale ricorre in quei giorni.

E’ il giorno più corto dell’anno, le ore di luce sono poche, la notte è lunga e fredda, tutto ci suggerisce di restare “dentro” di scendere più in profondo e di esplorare noi stessi. E’ un tempo rivolto all’interno, è nel viaggio del seme che resta sottoterra, è nel viaggio dell’anima che impara a conoscersi.

E’ un processo iniziato a Mabon quando abbiamo fatto l’ultimo raccolto, poi confermato a Samhain quando abbiamo iniziato a chiudere le porte esterne per aprire quelle interne e iniziare il tempo del sogno. Ora siamo nel buio della notte dell’anno

Quello che ci occorre per poter procedere è un po’ di luce, quella che accendiamo ora nelle candele, nelle decorazioni delle festività. Quella che da oggi ritorna.

Si, perché il trionfo del buio è anche la sua sconfitta, infatti dal solstizio invernale in poi la luce aumenta, lentamente ma inesorabilmente, mentre procede verso l’equinozio di primavera e poi avanti ancora, nella ciclicità dove ci conduce la ruota dell’anno.

Il 21 ci sarà un avvicendamento, il vecchio re dell’agrifoglio salito al trono al solstizio d’estate, lascerà il suo trono al giovane re della quercia che regnerà fino al prossimo solstizio d’estate.

Nel mondo naturale è tutto un morire e rinascere senza drammi e attaccamenti, perché sono solo cicli, quel che muore oggi rinascerà domani trasformato. La trasformazione implica sempre una rinuncia a qualcosa perché diventi qualcos’altro, il piombo muore trasformato in oro alchemico e per compiere l’opera occorre il fuoco, quella luce che sta tornando. Siamo nella prima fase alchemica, quella del nigredo, la putrefazione necessaria per distillare l’essenza. E’ qui che l’alchimista incontra l’ombra, in solitudine, il mostro che vive in lui, da lui stesso creato e nutrito. Combatterlo è inutile, bisogna accettarlo ma smettere di nutrirlo. Il compito dell’alchimista ora è riconoscerlo e lasciarlo morire di fame.

La nera madre partorirà un figlio bianco come la neve e luminoso come il sole, destinato a crescere.

L’energia femminile accogliente e umida della buia notte è stata fecondata dal seme della luce che è cresciuto protetto e ora è pronto a uscire ed affrontare il mondo per crescere ancora e rifecondare la madre che lo partorirà.

Per i romani era il sol invictus, il sole invincibile che tornava a crescere per portare nuovi raccolti e speranza. Anche i Saturnalia che erano nello stesso periodo, festeggiavano la chiusura dell’anno che dà il via al nuovo.

L’albero di Natale è l’albero cosmico, l’Yggdrasil norreno, o anche l’albero della vita sephirotico o se vogliamo l’albero della conoscenza del bene e del male nell’eden, attraverso il quale sale e discende la conoscenza e grazie al quale è possibile cambiare dimensione e frequenza, è quindi un albero iniziatico, una porta attraverso la quale accedere ad altri piani di coscienza.

Il tema centrale di Yule è il fuoco, la luce, la rinascita che non è ancora quella pasquale, è una nascita innocente, data da altri, mentre ad Ostara sarà consapevole e voluta. Comporta comunque un certo sforzo per uscire dal buio uterino caldo e conosciuto andando verso una luce sconosciuta e potenzialmente piena di insidie. Abbandonare le certezze e con un atto di fede correre il rischio di entrare nel mondo. Questo è il percorso dell’anima che va rinnovato.

L’albero porta in se l’energia maschile e il cielo pieno di stelle, come la Dea Nut ,è quella femminile che eternamente si fecondano

Ci viene data la possibilità di ricominciare o di cambiare rotta, la fine non è mai veramente definitiva perché si inserisce in un tempo ciclico. Il nostro compito è di cambiare e non ripetere lo stesso ciclo in modo identico.

Ecco un semplice rituale:

Occorrono una candela nera e una bianca, se possibile decorazioni sul tavolo con vischio (pianta sacra al periodo) e pietre nere come onice, ossidiana, tormalina (pietre legate a Saturno, per il quale in questo periodo si celebravano i saturnalia). Colori rosso, verde e oro.

Accendiamo la candela nera e sediamoci a meditare, affrontiamo le ombre e salutiamole, riconosciamole senza giudizio. Piano piano facciamo crescere la luce in noi, immaginiamo una fiammella che si espande e dilaga, fino a riempirci. Se ora guardiamo intorno ci accorgeremo che le ombre non esistono più, forse non son mai esistite. Lasciamo che la luce esca dai nostri pori e inondi il mondo facendoci sentire in pace e tutt’uno con l’universo.

Quando siamo pronti, con la candela nera accendiamo la bianca e salutiamo il Dio bambino che è nato e ringraziamo la madre che lo ha partorito. Restiamo a fissare la luce che prende forza finché vogliamo. Viviamo il tutto come una nuova possibilità, tutto riparte da zero, possiamo confermare  questa strada oppure decidere di cambiarla.

Lasciamo poi bruciare del tutto le candele (in sicurezza!).

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