Cucina

La cucina per me rappresenta il cuore della casa, la fucina dove tutto succede, il laboratorio alchemico che ogni giorno si rinnova.

Quando voglio prendermi cura di qualcuno, di solito cucino. È la cosa più affettuosa e più sexy che posso fare per gli altri. La cucina è sensuale; ti entra dentro prima attraverso l’olfatto, poi attraverso la vista e infine attraverso il gusto e il tatto. Per poter cucinare bene secondo me bisogna amare il cibo. Difficilmente chi non ama mangiare cucinerà bene.

Cresciuta in ambiente rurale ho imparato guardando mia madre che è del sud, trapiantata in romagna e univa due tipi di cucina diversa entrambi interessanti e a volte li fondeva. Usava ingredienti semplici, spesso faceva di necessità virtù per far quadrare il bilancio. Preparava la pizza più buona che io abbia mai mangiato praticamente con niente!

Ma la persona che più mi ha passato l’amore per la cucina è stata mia zia, con la quale trascorrevo molto tempo; lei amava cucinare e mi insegnava volentieri. Ricordo pomeriggi passati in cucina a fare gli “zuccherini” cioè i biscotti, ne facevamo in grande quantità perché duravano parecchio tempo. O quando si andava nei campi a raccogliere le “rosole” ovvero i rosololacci, la pianta del papavero che si faceva scottare poi si ripassava in padella con aglio (molto aglio!)  e un po’ di pomodoro per mangiarla con la piadina. Anche di piadina se ne faceva tanta, era buona il giorno dopo e quello dopo ancora e quando era troppo dura diventava buonissima nel caffellatte la mattina. La piadina della zia prevedeva tanti ingredienti che lei aveva sperimentato e aggiunto fino ad ottenere una ricetta perfetta, ma modificabile in base a ciò che si aveva in casa, lontana da quella ritenuta tradizionale. Ovviamente non era scritta; era tutto un po di questo e un po’ di quello, a occhio e cucchiaiate. In ogni caso prevedeva farina, un uovo, strutto di maiale, latte e/o panna per impastare, poco miele per mantenerla morbida, sale, bicarbonato e ogni diavoleria le passava per la mente. Una volta stesa si cucinava sul “testo” ovvero la piastra tradizionale di cotto piazzata sulla stufa a legna. Alla fine il risultato era strepitoso.

La sua tradizione veniva da cuoche che cucinavano a casa dei “signori” e univa elementi di cucina francese a quella romagnola e toscana. Aveva una vecchissima edizione dell’Artusi che io adoravo leggere in attesa di poter cucinare.

Poi ho continuato da sola.

Adoro il profumo degli ingredienti, mi piace maneggiarli, sentirne le consistenze sotto le dita, capire come vogliono essere trattati.

Fondamentalmente credo nella cucina stagionale perché in ogni stagione attorno a noi ci sono esattamente gli elementi che ci servono, tanto che ora non riesco proprio a mangiare i pomodori o peperoni in inverno, né i cavoli in estate. E non solo perché non san di nulla.

Adoro impastare i lievitati perché la loro consistenza è davvero sensuale, morbida, resistente ed elastica, il profumo è inebriante.

Amo l’odore del burro fresco, quello buono, che sa di latte e di panna quando si scioglie sulla lingua lasciando un sapore fresco ma avvolgente.

Mi piacciono i piselli appena colti, coi baccelli croccanti e turgidi che una volta aperti rivelano una fila di perle verdi, mangiarli mentre li si raccoglie nell’orto è delizioso. O i pomodori belli e rossi, carnosi e consistenti, che pesano sul palmo aperto quando li si prende e hanno un odore caldo, di sole che si trasforma mettendoli in frigo. O ancora i carciofi che si difendono con le loro spine ma hanno un cuore tenero e profumato che mangiato allappa leggermente ed invita a mangiarne ancora.

Ogni ingrediente ha un suo fascino e una sua anima e mi suggerisce con chi vuol stare e come vuol essere preparato.